lunedì 27 gennaio 2014

SLAI COBAS NO ALLA GARA REGIONALE BASTA AI SINDACATI GIURASSICI


Slai Cobas
Sindacato dei Lavoratori Autorganizzati Intercategoriale
Sede legale: via Masseria Crispi, 4 - 80038 Pomigliano d’Arco (NA) - tel/fax
081.8037023 Sede Nazionale: viale Liguria, 49 - 20143 Milano - tel/fax 02.8392117

OGGETTO: SITUAZIONE E PROSPETTIVE DEL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE

È da anni che, a livello nazionale, assistiamo a enormi tagli su tutti i servizi pubblici cominciato  2011 e in questi anni ancora è toccato in maniera incisiva al trasporto pubblico. Risorse enormi per mega-infrastrutture inutili (vedi TAV, ponte sullo Stretto...) stanno assorbendo le risorse che servirebbero a garantire un livello accettabile di servizi pubblici oggi messi in discussione. Queste decisioni si ripercuotono sugli Enti Locali che molti di questi servizi pubblici devono garantire. Ma, invece di cercare di contrastare queste politiche d'impoverimento delle Comunità, abbiamo assistito ad un progressivo adattamento degl'Enti Locali a tali politiche d'impoverimento privatizzando in modo massiccio i servizi pubblici. Il fatto che il Trasporto Pubblico Locale garantisca il diritto costituzionale alla mobilità e che sia uno dei migliori rimedi contro l'inquinamento atmosferico e per migliorare la vivibilità delle città non ha impedito la privatizzazione, neanche nel nostro territorio.
Dopo la trasformazione in S.p.A. delle aziende TPL e dopo l'ingresso del socio privato, ha progressivamente impoverito il potere decisionale sulle linee giuda e di controllo della gestione del trasporto pubblico locale che dovrebbero essere proprie degli Enti Locali.
Aziende avvolte nel "guscio" del diritto privato e regolate dal diritto societario rendono impossibile il governo e il controllo del pubblico delle gestioni privatizzate. Un'impossibilità che dipende non tanto dalla cattiva volontà di singoli individui o da limiti organizzativi contingenti, ma da fenomeni strutturali, come le "asimmetrie informative": le conoscenze rilevanti si trovano tutte in mano al gestore (il gestore "sa" perché "fa") ed è il gestore privatizzato che trasmette le informazioni sensibili al controllore, il quale non può che dipendere, nella sua attività di regolazione e controllo, da questi dati. Il gestore ha strutturalmente maggiori informazioni rispetto al regolatore e cerca di trarre il massimo vantaggio da questa asimmetria conoscitiva, a discapito del pubblico interesse. "Fare" significa "sapere" e sapere significa "potere": nessun ente regolatore potrà mai recuperare quel cumulo di conoscenze legate alla gestione diretta che migra inevitabilmente dalla sfera del pubblico alla sfera del privato nel momento stesso in cui viene privatizzato un servizio essenziale. Il pubblico perde le conoscenze necessarie per esercitare il proprio controllo nel momento in cui è all'impresa che passa tanto il "fare" che il "saper fare" (know how), che gli è inscindibilmente connesso. Un soggetto regolatore esterno, per esempio, non può essere in grado di avere perfetta conoscenza dei processi produttivi e delle tecnologie impiegate, dati necessari per stabilire con precisione i costi di produzione del gestore privato. Ecco perché al fenomeno delle asimmetrie informative segue automaticamente la "cattura del regolatore": se l'autonomia conoscitiva del regolatore è limitata, anche la capacità di giudizio e intervento viene impedita, così l'ente che dovrebbe regolare e controllare tende piuttosto ad adeguare le sue analisi alle interpretazioni offerte dai gestori, perdendo ogni neutralità e schiacciando il proprio punto di vista su quello dei soggetti controllati. La creazione del CTT, poi, ha portato a un ulteriore passaggio verso la quasi definitiva spogliazione di tutti i poteri degli Enti Locali, anche quello di controllo. Le decisioni che vengono prese sono indirizzate a mandare avanti un'aggregazione tra le aziende che fanno parte del CTT.che sta ripercuotendosi negativamente sul servizio pubblico. Ovunque ci siano state aggregazioni di ex aziende pubbliche gestrici di servizi pubblici diventate S.p.A. con altri soggetti pubblici e\ privati si è assistito ingenerale ad un peggioramento del servizio, ad aumenti di tariffe e alla diminuzione e precarizzazione dei lavoratori e di una diminuzione del loro stipendio. La gestione privatizzata costa di più ed è, nella maggior parte dei casi, tutt' altro che efficiente. Non c'è una differenza significativa fra l'andamento dell'efficienza degli operatori pubblici e quello dei privati. A parità d'efficienza gestionale, però, l'ottimo privato costerà necessariamente alla collettività molto più dell'ottimo pubblico, data l'intrinseca necessità del privato di produrre profitti e remunerare i capitali investiti: l'obiettivo di una gestione privatistica del servizio è, innanzi tutto, la creazione di valore per gli azionisti e non la garanzia del diritto alla mobilità. Ormai è dal 2009 che il servizio di TPL viene tagliato in base alle indicazioni che da il Governo e le regioni , tagli tagli sono portati avanti senza una reale seria programmazione del TPL. questi tagli non ha certo l'esigenza primaria di dare un servizio buono ai cittadini (i fatti parlano chiaro) ma di fare profitto, come tutte le SpA.
Infatti tutti i tagli sono stati fatti per diminuire i turni guida. In altre parole per tagliare nel modo più facile i costi: tagliare gli autisti. Niente è stato fatto per diminuire gli sprechi della gestione dell'Azienda o del servizio. A farne le spese, oltre ovviamente gli utenti, saranno e sono i lavoratori che l'Azienda considera in esubero.
Allontanando ancora di più le scelte gestionali dai Consigli Comunali con l'affidamento della gestione del TPL a un soggetto come il CTT, si sta giungendo  alla definitiva privatizzazione degli utili e alla socializzazione dei costi.
Si ricorda che in questo settore gli investimenti vengono fatti esclusivamente con finanziamenti pubblici (vedi acquisto di autobus) e il servizio non potrebbe essere svolto senza i contributi pubblici che sono la grande maggioranza degl'introiti delle aziende.

La politica che viene portata avanti in Toscana sul TPL è quella di fare una gara unica a livello regionale. Se un minore spezzettamento della gestione del servizio potrebbe aiutare a diminuire gli sprechi (esempio sovrapposizioni di linee), l'effettuazione della gara non porterebbe altro che alla creazione di un monopolio su un servizio pubblico gestito da un privato. E visto che non sono mai possibili gare che permettano di valutare con attendibilità quale sia la migliore offerta economica, perché i termini fondamentali del contratto dovranno essere necessariamente rivisti nel tempo (ha ben poca importanza l'offerta avanzata in origine), sarà poi il gestore che avrà ottenuto l'affidamento ad essere, nel corso delle successive rinegoziazioni, in posizione dominante (detenendo sapere e potere), anche se trovasse di fronte a sé il miglior regolatore al mondo. L'esperienza passata insegna.

Se la gestione pubblica è una condizione necessaria, perché consente di escludere i profitti di pochi da un bene di tutti, non è però una condizione di per sé sufficiente. Il nuovo pubblico deve essere trasparente e partecipato democraticamente dai cittadini, non espropriato da oligarchie politiche. Clientelismi e lottizzazioni sono state il primo stadio della "privatizzazione" e del sequestro dei beni di tutti per tutelare gli interessi di pochi.

Per il futuro, la gestione dei beni comuni dovrà essere "comune", trasporto pubblico compreso, come c'insegnano i movimenti per l'acqua e rispettando il volere dei cittadini espresso con gli ultimi Referendum




SLAI COBAS
 via Domenico Pacchi 4 Castelnuovo Garfagnana (LU) 55032tel/fax 0583.1893804
  e-mail: slaicobasclaplucca@libero.   http://slaicobasclaplucca.blogspot.it/
           
   SLAI COBAS -

 

sabato 25 gennaio 2014

Assemblea Dibattito : S.O.S. Salviamo Il Trasporto Pubblico MARTEDI 28 GENNAIO 2014 ORE 21:00 Auditorium Circoscrizione 1 Via Piero Gobetti 11, 57121 Livorno ORE 21:00

Slai Cobas
Sindacato dei Lavoratori Autorganizzati Intercategoriale
Sede legale: via Masseria Crispi, 4 - 80038 Pomigliano d’Arco (NA) - tel/fax
081.8037023 Sede Nazionale: viale Liguria, 49 - 20143 Milano - tel/fax 02.8392117


UNITI SIAMO PIU' FORTI,  UNITI VINCIAMO

Non se l’aspettavano. Governo, Comuni, Regioni, stati maggiori delle aziende del Trasporto Pubblico Locale (TPL), padroni e dirigenze aziendali di ogni settore credevano di averci addomesticati tutti. E non se l’aspettavano nemmeno i sindacati ufficiali, che da tempo immemore esercitano il mestiere di farci ingoiare i rospi che le aziende gli comandano. Non se lo aspettavano che gli autoferrotranvieri di Genova dessero vita a 5 giorni di sciopero a oltranza e di cortei Oggetto di tutta la vicenda: la privatizzazione dell’azienda di trasporto pubblico (AMT, ora controllata da capitali pubblici), come succede in tutte le aziende del TPL in Italia.

Cosa che comporta: cancellazione degli accordi integrativi, con la rapina di centinaia di euro in busta paga; assalto alle condizioni di lavoro;riduzione delle linee e delle corse; tagli all’occupazione; peggioramento del servizio rivolto ai cittadini. Tutti hanno sfidato la legge n. 146 del 1990, una vergogna legislativa che rende lo sciopero un’arma spuntata: una legge che criminalizza i lavoratori quando intendono usare lo sciopero non come un episodio simbolico, ma per affermare davvero i loro diritti. La cittadinanza di Genova ha capito la portata e il significato degli scioperi, solidarizzando fino in fondo con gli autoferrotranvieri e non lasciandoli soli di fronte alla rappresaglia spietata delle multe. Nel frattempo, hanno inviato decine di migliaia di messaggi di solidarietà agli autoferrotranvieri genovesi i lavoratori di molte parti d’Italia, in particolare appartenenti al TPL, mentre una delegazione degli autoferrotranvieri romani ha raggiunto Genova, col proposito di aprire la lotta anche a Roma.

La lotta di Genova (lo spirito con cui lì si è deciso di non subire i miserabili progetti aziendali e di reagire a muso duro) invia un messaggio e non solo nel TPL, ma anche in tutti i servizi pubblici e negli stessi luoghi di lavoro del settore privato. Questo è vero anche dopo l’accordo siglato dai soliti sindacati, che blocca, sì, la privatizzazione, ma prevede la concessione in appalto delle linee collinari e una riduzione dei costi di gestione tramite una ristrutturazione del servizio, le cui modalità dovranno essere oggetto di trattative successive. 

Questo ha provocato critiche pesanti da parte di molti lavoratori che sono intervenuti in assemblea per respingere l’accordo e per chiedere che si votasse su scheda segreta, anziché per alzata di mano. Ma non ci sono dubbi che questa vicenda pone all’ordine del giorno, per il mondo del lavoro sotto padrone, la necessità della lotta dura, se si vuole davvero che siano rispettati bisogni e diritti Lotta dura, ed estesa nazionalmente, consapevoli che la privatizzazione (con tutte le conseguenze nefaste sul piano della condizione lavorativa, dei livelli salariali, dei diritti, della qualità dei servizi pubblici) riguarda una quota enorme del lavoro subordinato

NON È MAI TROPPO TARDI PER REAGIRE E DIFENDERE SALARI E POSTI DI LAVORO.


MARTEDI 28 GENNAIO 2014 ORE 21:00

Auditorium Circoscrizione 1 Via Piero Gobetti 11, 57121 Livorno ORE 21:00
INTERVERRANNO ED è UN GRANDE ONORE AVERE AL DIBATTITO

                                    MICAELA QUINTAVALLE Cambia-menti m410 va dagli autoferrotranvieri d'Italia
                                     SALVATORE BRUCCIA SegretarioNazionaleSlaiCobas 
        



                       

                                                                                                                                                                                                                                                       
Auditorium Circoscrizione 1 Via Piero Gobetti 11, 57121 Livorno ORE 21:00

SLAI COBAS TOSCANA TPL

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martedì 21 gennaio 2014

SLAI COBAS NO ALLA GARA REGIONALE BASTA AI SINDACATI GIURASSICI



SLAI COBAS NO ALLA GARA REGIONALE BASTA AI  SINDACATI GIURASSICI

I  sindacati confederali non si sono mai battuti per svecchiare l'Italia, anzi: e adesso ne paghiamo le conseguenze. Hanno applaudito misure pensionistiche deleterie, spacciandole per sociali, anziché impedirle nell'interesse delle fasce di popolazione meno favorite. Detto questo, dobbiamo  aggiungere che le colpe del ritardo e del declino italiano ricadono anche sui sindacati, . I privilegi politici e burocratici, la moltiplicazione dei posti pubblici, i faraonici compensi di deputati senatori e consiglieri regionali, le opere pubbliche inutili,.

 Gli assenteisti dei CONFEDERALI CHE VENDONO I NOSTRI DIRITTI CHE TRATTANO ANCORA CON CHI I LAVORATORI IN TRE ASSEMBLEE DEI COLLEGHI DELLA CTT  HA DETTO NO. I LAVORATORI HANNO DIRITTO AL RISPETTO, E GARANZIE PER IL FUTURO, non certo le clausole di rinnovi contrattuali come quelli che sono stati presentati, I sindacati sono da tempo dalla altra parte della barricata che certo non è quella dei lavoratori, sindacalisti  "la Casta" libro del giornalista Livadiotti.

I dati sciorinati, giorno dopo giorno, dai vari istituti di statistica italiani parlano di una popolazione allo stremo, di un lavoro che non c’è più…siamo al 9% di disoccupazione…di stipendi bassissimi e non al passo con l’aumento dei prezzi, di pensioni da fame.
I sindacati confederali, quelli della Camusso, del Bonanni e dell’Angeletti, sono al tavolo con il governo dei banchieri, quel governo che oltre ad aumentare indiscriminatamente le tasse a chi non aveva più neanche da mangiare, oltre a spendere soldi inutili per gli armamenti e fare decreti in favore delle loro amiche banche, vuole modificare…in peggio…i diritti di chi ancora lavora.

Del resto tutta la sinistra istituzionale, a partire dal PD, è sulla stessa linea d’onda…appoggiare il massacro per salvare le banche, quelle nelle quali, a pieno titolo, entrambi, sinistra e sindacati, hanno le loro propaggini.
Fu Fassino il primo, intercettato, a dire con chiarezza quale era il vero sogno della sinistra italiana…avere una banca !
Ma Fassino forse non sapeva…e manco sa ancora…che una banca è già pienamente nelle mani della sua parte politica…ed è l’Unipol…uno dei maggiori istituti di credito italiani…entrato in mille scandali e rappresentato, nel suo consiglio di amministrazione di ieri e di oggi, da molti inquisiti.

L’Unipol nasce nel 1962 per volere della lega delle cooperative.
Nel suo consiglio di amministrazione attuale siedono Rocco Carannante, tesoriere della Uil, Sergio Betti, dimessosi nel 2008 dalla segreteria confederale della Cisl, più una serie di dirigenti delle cooperative, tra cui quella della CCC, consorzio cooperative costruzioni Bologna.
Un consorzio, quest’ultimo, che gestisce un qualcosa come un miliardo di appalti e che è entrato in una serie di scandali a partire dalla ricostruzione post terremoto in Campania (1980), in cui, secondo le ricostruzioni degli inquirenti, tra i subappaltatori emergeva anche l’azienda di Carmine Alfieri (dichiarazioni dello stesso), e i costi lievitavano senza alcuna reale giustificazione…accuse dalle quali furono o prescritti o assolti.
Ma gli scandali che hanno interessato le cooperative e la Banca Unipol non si fermano agli anni ’80.
Concussione per un giro di tangenti per la riqualificazione delle aree Flack e Marelli, che ha visto indagato anche Filippo Penati del PD; indagati anche per la realizzazione del tram a guida ottica dal costo di 140 milioni di euro, opera mai realizzata, che vede implicato Piero Collina, presidente del consorzio e vice presidente di Unipol.
La stessa Unipol non manca di rendersi protagonista di altre indagini, come quella sulla cosiddetta “bancopoli”, che vide indagato Giovanni Consorte per presunte irregolarità nelle “scalate” della Banca popolare di Lodi alla Banca Antonveneta e della Unipol alla BNL…quella della famosa telefonata “abbiamo una banca !”.Proprio in questi giorni, contemporaneamente al tavolo istituzionale che discute sul lavoro, in Unipol si è giocata la “partita” dell’acquisizione di Fonsai, gruppo assicurativo che conta perdite al di sopra del miliardo di euro.
La compagnia delle coop si farà carico di un esborso pari a 350 milioni di euro per Premafin, la finanziaria che regge la Fonsai e di cui fa parte anche la famiglia Ligresti, per permettere la sottoscrizione dell’aumento di capitale che salverebbe la Fondiaria Sai.
Questi sono i giochi stramiliardari in cui la sinistra ed i sindacati sono impegnati in questi anni e in questi questi giorni…contemporaneamente a quel tavolo aperto con l'allora ex ministro  del banchiere GoldenSachs Monti.

Quanto accade ha del grottesco…nel solco del vero e proprio conflitto d’interessi.
Abbiamo dei sindacalisti capitalisti banchieri a tutti gli effetti che andranno a trattare con banchieri e capitalisti governativi del futuro della gente, mentre contemporaneamente, da tutto il mondo, si alza il grido della gente contro i furti delle banche e del loro sistema economico.
L’Italia è un paese strano, un paese in cui basta cambiare la propria giacchetta per poter divenire questo o il suo diretto opposto…anche in pochi secondi…ed è un tratto caratteristico di tutta la nostra classe dirigente, sindacati compresi.
Un modo di intendere il proprio ruolo e le proprie responsabilità in maniera alquanto originale.
Siamo sicuri che non sia proprio questa confusione e commistione di ruoli e interessi il motivo per cui il nostro paese è così ridotto?
SLAI COBAS
 via Domenico Pacchi 4 Castelnuovo Garfagnana (LU) 55032tel/fax 0583.1893804
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BASTA AI SINDACATI GIURASSICI



                                                           

BASTA AI  SINDACATI GIURASSICI



Prendendo spunto da un libro inchiesta del giornalista Livadiotti vale la pena fare qualche riflessione suun’altra casta di privilegiati che  s’aggira per l’italia  e che  anche da queste parti non   scherza . Si tratta dei sindacati , che rappresentano anch’essi sacche di spreco , gonfie di fatturati milionari e bilanci segreti ,   mentre lo Stato paga i settecentomila delegati (sei volte di più dei Carabinieri), che a noi costano 1 miliardo e 845mila euro l’anno.  Certo fare i conti in tasca a questa casta è complicato per via delle loro diversificate fonti di guadagno , ma non impossibile . La slot machine più veloce coincide con le quote versate dagli iscritti: l’1 per cento della paga-base. E i pensionati? Fruttano circa 40 euro l’anno cadauno , che però fanno brodo, nel sostituto d’incasso complessivo: 1 miliardo l’anno. All’erogazione di liquidità, poi, pensano le aziende, con le trattenute in busta paga ed ecco bypassato il costo dell’esazione. E i soliti pensionati, visto che anche la miseria è un’eredità? Provvedono gli enti di previdenza  l’Inps ha girato secondo gli ultimi dati 110 milioni alla Cgil, 70 alla Cisl e 18 alla Uil. Ogni anno,dalll’Europa arrivano  in Italia 1 miliardo e mezzo di euro, per la formazione professionale. E 10 dei 14 enti, che annualmente si spartiscono metà dei finanziamenti nazionali, sono partecipati da Cgil, Cisl e Uil. Ma la vera forza dell’altra casta viene dai beni immobili, patrimonio sterminato, tutto da dissotterrare, mentre la Cgil conta 3mila sedi in Italia, di proprietà delle strutture territoriali; la Cisl, 5mila e la Uil concentra gli investimenti sul mattone in una società per azioni, controllata al cento per cento dalla Labour Uil, con 35 milioni e 25mila euro di immobili in bilancio. Va da sé che gli inquilini Vip di tanto bendiddio abitativo sono loro, i vecchi mandarini con un piede nella jacuzzi ai Parioli e un altro sulla pista di Fiumicino.

Emblematico fu il caso dell’ex leader della Cisl D’Antoni che finì dentro la vicenda di Affittopoli per quel suo modesto “monolocale ” di 219 mq ai Parioli, con due vasche idromassaggio, per 1 milione e poco più di lire al mese. Era il 1995, ma da allora non è cambiato niente. I sindacati si sono trasformati in gigantesche società di servizi alimentate da un sistema di autofinanziamento infallibile, al cospetto del quale impallidiscono anche i partiti. Per garantirsi i loro privilegi, i sindacalisti hanno colonizzato ogni settore e ogni categoria, succhiando oboli da tutti.
 I  sindacati confereali godono oltretutto di una «immunità» che li dispensa dall’obbligo di rendere pubblici i loro bilanci. Non si sa nemmeno con certezza quanti iscritti abbiano. Cambiano idea i loro stessi leader. Quando contrattano col governo dicono di rappresentare 11 milioni e 731 mila lavoratori. Ma quando devono versare i contributi alla Confédération Européenne des Syndicats gli iscritti diventano magicamente 7 milioni e mezzo.  In Parlamento c’è un’azione di una lobby continua soprattutto nei corridoi che ha prodotto una sfilza infinita di leggine ad hoc e regolamenti, spesso approvati con maggioranze bulgare. Più di una volta in zona cesarini, proprio nelle ultime battute delle legislature. Con un denominatore comune: quello di introdurre o consolidare un privilegio in grado di arricchire il business sindacale, a colpi di situazioni monopolistiche, esenzioni fiscali, vere e proprie regalie e accordi ai confini della legalità. Il risultato   è che oggi siamo diventati una gigantesca macchina da soldi. Se c’è un problema dei costi della politica a maggior ragione il discorso vale per il sindacato, anche perché i partiti uno straccio di bilancio lo presentano loro no. I forzieri dei tre porcellini sono gonfi di soldi fatti con la grande truffa delle tessere .  Pare che sia un miliardo, la cifra che aziende ed enti previdenziali versano ogni anno a Cgil, Cisl e Uil trattenendola da stipendi e pensioni degli iscritti, che spesso, magari senza saperlo, continuano a pagare per molti mesi anche dopo aver ritirato la loro delega al sindacato. Una montagna di soldi che il sindacato non deve neanche fare la fatica di raccoglierla . Poi vi è la manna dei patronati ovvero la miniera d’oro dei Caf. I centri di assistenza fiscale dei sindacati hanno milioni di clienti. Così incassano una montagna di soldi, contributi pubblici, tutti esentasse. E intanto reclutano nuovi iscritti, con il sistema condannato dalla corte di giustizia europea e difeso con le unghie da Cgil Cisl e Uil. I Caf sono uno dei salvadenai più ricchi dei sindacati italiani, che infatti difendono con le unghie e i denti ai tre patronati (Inca-Cgil, Inas-Cisl, Ital-Uil) l’erario ha sborsato 186 milioni di euro: devoluti in proporzione ai tre sindacati. Si tratta di un bottino vero e proprio che fa gola a chiunque, se si tiene conto che i loro introiti non si sa perché non sono tassati. Professionisti privilegiati. Per molti burocrati del sindacato la vecchiaia si presenta serena. Grazie a un regalo dell’amico Treu riceveranno infatti un assegno doppio. E ben 23 mila di loro hanno potuto riscattare, senza controlli, presunti periodi di lavoro in nero.1154 sono i fortunati italiani quasi tutti pezzi grossi del sindacato che possono godere della doppia pensione. Grazie a una legge la 564 del 1996, firmata da Tiziano Treu, ex ministro del lavoro in quota Cisl. E’ stata inventata così la figura del sindacalista bipensionato esteso anche ai sindacalisti distaccati. Chi fa il lavoro di sindacalista sembra a vederlo logorato dal lavoro. D’altronde, poveretti, c’è chi ha cominciato nel sindacato già a 14 anni, come giura di aver fatto l’ex segretario aggiunto Cgil Ottaviano del Turco. In buona compagnia, per la verità. Perchè quando nel 1974 passò la cosiddetta legge Mosca, che riconosceva i contributi pensionistici a chi avesse prestato la propria opera in nero nel dopoguerra, di sindacalisti in tenera età ne spuntarono come funghi. All’Inps arrivarono 19 mila e 500 domande, poi altre 6 mila. Il governo rispose prorogando la scadenza di legge, e bastò per farne piovere sull’Istituto di previdenza altre 15mila domande. Alla fine si scoprì che c’erano 40mila e 500 ex sindacalisti da mettere in regola. Tra di loro, manco a dirlo, tutti i pezzi da novanta del sindacato. Oltre a Del Turco, gli ex Cisl Franco Marini, Sergio D’Antoni e Bruno Trentin, Fausto Bertinotti (ex Cgil) e Pietro Larizza (Uil).  Anche dalle nostre parte abbiamo una sfilza interminabile di sindacalisti che molto spesso hanno camminato a braccetto con la politica , svendendo i diritti dei lavoratori sul piano del raggiungimento e del soddisfacimento di esigenze personali. Certo non bisogna generalizzare , ci sono molti sindacalisti bravi, seri e che fanno i veri interessi dei lavoratori , ma ci sono anche  alcuni “bacchettoni” che magari hanno ottenuto promozioni o vergognosi e facili  passaggi da un ente locale ad un altro. Gente che da un lato finge di difendere i lavoratori vendendo cara la pelle ai politici di turno dall’altro poi chiedono agli stessi di pagare il conto, come avvenuto in passato con assunzioni , avanzamenti di carriera  e privilegi vari . Così ci ritroviamo il sindacalista “bacchettone” che magari  contesta ad esempio talune mobilità poste in essere da  un ente (che a dir suo hanno sbarrato la strada ai precari) e sottace su quelle fatte in  un altro ente , magari dove  il beneficiario di quelle mobilità sottaciute  era proprio lui. Insomma falsi moralisti travestiti da moralizzatori. Che schifo !



SLAI COBAS
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