Sindacato dei Lavoratori Autorganizzati Intercategoriale
S.L.A.I. cobas
ASSEMBLEA OPERAIA PUBBLICA A POMIGLIANO SU:
FIAT DI MARCHIONNE E GOVERNO DI RENZI
18 OTTOBRE 2014 - SALA OROLOGIO
Relazione introduttiva di mara malavenda
Ed è per questo che parteciperemo all’assemblea pubblica degli operai Fiat che si terrà a Pomigliano il prossimo 18 ottobre.Comitato Mogli Operai - Pomigliano d’Arco, 9 ottobre 2014Ma sarà un caso che la “questione internazionale” posta dalle donne di Pomigliano sulla pericolosità sociale del governo di Renzi e Marchionne con il conseguente “effetto domino sui lavoratori europei” sia “sfuggita” all’analisi dell’intera “sinistra” italiana, politica e sindacale senza alcuna eccezione nonché alle
variegate opposizioni parlamentari tutte e solo di “facciata”?Fatto è che la prima e ad oggi unica risposta a quest’appello è stata portata in Italia dai rappresentanti dell’ I. G. Metal, il concertativo e non certo rivoluzionario sindacato degli operai metalmeccanici tedeschi che, dalla sede di Wolfburg (la cittadella operaia della Volkswagen) è approdato nei giorni scorsi a Bologna per ricordare alla FIOM di Landini “il rischio di un effetto domino delle politiche governative italiane per
tutti i lavoratori europei”, questo in occasione della stipula di un comune accordo europeo tra i due sindacati.Se del “modello Fiat e dell’accordo di Pomigliano” oggi cominciano a preoccuparsi perfino i sindacati collaborazionisti della Volkswagen (azienda che comunque se la passa molto meglio delle Fiat in Italia ed Europa) allora vuol dire che la pericolosità sociale del governo Renzi è potenzialmente suscettibile di essere “percepita” internazionalmente da tutti i lavoratori. Questo oggi sarebbe “semplice e possibile” se solo ci fosse in Italia una sinistra di classe, sindacale e politica (che oggi tutti noi neppure col microscopioriusciamo ad intravedere) o quantomeno un’aspirazione non demenziale ad una realistica, complessa e necessaria ricostruzione in questo senso.Una “sinistra” (tutta, nessuno escluso!) che in questi decenni ha nei fatti ricoperto, chi più e chi meno, l’omertoso ruolo delle tre scimmiette del “non vedo, non sento… non parlo”! Una sinistra impossibilitata ad esserlo in quanto prigioniera del suo lontano e recente passato!Ma come può ancora definirsi “di sinistra” chi ancora oggi stenta a capire (a differenza delle donne operaie di Pomigliano e, per altri versi dell’ I.G. Metal della Volkswagen di Wolfburg) che il modello Marchionne rappresenta oggi un pericolo globale ed internazionale per tutti i lavoratori perché la Fiat, oggi FCA, è “l’unica vera multinazionale dell’auto” organizzata e proiettata su base mondiale e questo a differenza delle altre case automobilistiche che ancora restano legate alle loro radici nazionali ?!Come ieri la United Fruit company controllava interi Stati del centro e sud America relegati al rango di “repubbliche delle banane” così oggi la Fiat Chrysler Automobiles si appresta a dettare le regole del “nuovo ordine capitalistico mondiale”. E’ per questo che la genesi di quella che rischia di diventare una tragica sconfitta storica ed internazionale per il movimento operaio e l’insieme dei lavoratori dipendenti non è tanto e solo imputabile alle politiche monetarie dei “banchieri” dell’Euro. Limitarsi oggi anche a sinistra a questa unica e semplicistica “chiave di lettura” risulta quantomeno depistante e “populista”. E non è certo un caso che tale “analisi” fa sponda con l’insieme dei movimenti populisti, di destra, xenofobi e fascisti sia italiani che europei.7Questo senza nulla togliere alla ferocia antioperaia ed antipopolare delle istituzioni bancarie europee e mondiali che vanno certamente e fortemente combattute. Ma qualcuno pensa forse che, a un certo punto, la Banca Centrale Europea si può “svegliare una mattina” e decidere di “motu proprio” che… ”la protezione costituzionale del lavoro è un lusso che l’Italia non può più permettersi” ?! O forse c’è qualcuno che veramente crede a un Renzi che si può “svegliare una mattina” e decidere di “motu proprio e parimenti” che… “la protezione costituzionale del lavoro è un lusso che l’Italia non può più permettersi” ?! O qualcuno può realisticamente credere che Renzi sia il “figlio politico” di Berlusconi ?!Altro che “figlio di Berlusconi”! Il fatto è che Renzi, come Marchionne, è figlio legittimo di Luciano Lama, Fausto Bertinotti e Romano Prodi: e a questo punto ben si comprende il “vuoto di memoria storica” dell’intera vecchia e nuova “sinistra” italiana, sindacale e politica per il suo opportunistico esostanziale coinvolgimento in decenni di compromessi e concertazione col fronte padronale.Come operai, operaie e famiglie di operai, e lavoratori in generale, non possiamo oggi sottrarci alla necessitàdi ripercorrere l’impietosa “storia di una sinistra che non lo è mai stata”, questo quantomeno negli ultimi 37 anni: quella dell’intera e cosiddetta sinistra italiana!Quella della “strategia dell’Eur” varata dalla CGIL nel 1977 (con ben 37 anni di anticipo sul governo Renzi)per la “trasformazione dei diritti dei lavoratori, di quelli sociali, della democrazia e del dettato legale ecostituzionale in variabile dipendente dalle necessità dell’impresa”. Non è proprio questa la filosofia che oggi la Fiat Chrysler vuole imporre a Pomigliano per poi diffonderla prima in Italia e poi su scala mondiale?Eppure Marchionne, al suo avvento in Fiat, fu subito salutato e riverito come “imprenditore illuminato” prima da Bertinotti e, successivamente dal no-global segretario generale della Fiom Rinaldini (oggi riciclatosi in SEL) che nel febbraio 2006 fu artefice e mandante politico del licenziamento di otto compagni dello Slai cobas alla Fiat Pomigliano per la rivolta assembleare di 4.000 operai contro il contratto nazionale capestro dei metalmeccanici all’epoca sottoscritto da FIOM-FIM-UILM. Contratto che “esportò” in tutta le fabbriche italiane metalmeccaniche la sciagurata filosofia degli accordiFiat di Melfi e Pratola Serra confermando la precedente intesa sui 18 turni siglata nel ’94 alla Fiat di Termoli contro il parere del 65% dei lavoratori. Col contratto del 2006 si sancì la totale flessibilità di turni, orari di lavoro e straordinari, la sottomissione dei nuovi assunti alle forche caudine di 5 anni di contratti precari, la fruizione individuale dei permessi retribuiti con l’obbligo di prenotarli 15 giorni prima e vincolati alle percentuali di assenteismo, nonché in funzione dei 18 turni; l’orario plurisettimanale obbligatorio con lo sfondamento delle 40 ore settimanali e, dulcis in fundo, la deroga alle normative legali.Sempre gli stessi sindacati di FIOM-FIM-UILM già accettarono la intollerabile metrica del lavoro (definita “Ergo UAS”) prevista in Fiat dal ‘piano Marchionne’ già precedentemente sottoscritta negli stabilimenti di Cassino e Mirafiori. Ciò a fronte delle migliaia di operai invalidi per patologie professionali presenti nel gruppo Fiat. Quegli stessi affossavano la democrazia in fabbrica, come per la Fiat Pomigliano dove, dal decadimento perfine mandato del giugno 2009 delle RSU ne impedirono il rinnovo sequestrando il diritto di voto dei lavoratori ad eleggere i loro rappresentanti.8Non sono forse queste, e le altre fino ai giorni nostri, le autostrade antioperaie costruite dai contratti-bidonee dai precedenti governi di centrosinistra ad essere oggi percorse da Renzi? Sono tra altre quelle del ‘pacchetto Treu’ del governo Prodi, votato alla camera nel ’97 con gli applausi di Bertinotti e di tutti i suoi accoliti di Rifondazione Comunista che trasformarono così la struttura sociale della produzione in Italia da struttura a relative garanzie a struttura totalmente deregolata per le nuove assunzioni. Sancendo inoltre l’abolizione del collocamento pubblico sostituito dal caporalato della agenzie private dilavoro interinale con le annesse e ben conosciute clientele e condannando alla totale precarietà l’occupazione giovanile, quegli stessi giovani che oggi Renzi si appresta a “condannare a vita” col suo “jobs act”! Ed ioquesta brutta storia la ricordo bene perché sono stata l’unica deputato a sinistra a votare contro il provvedimento.Come non è un caso che la controriforma della democrazia sindacale nei luoghi di lavoro di Renzi e Marchionne si fonda sulla “beffa referendaria” che nel 1995 portò alla disastrosa approvazione dell’abrogazione parziale dell’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori, passata con brogli elettorali e frutto di uno scarto pilotato di appena 13.000 voti a fronte di oltre 25 milioni di votanti! Brogli consentiti ancora una volta dalla “sinistra sindacale” della Fiom, da Rifondazione Comunista, gruppetti politici collegati e qualche sindacato di base dei centri sociali chiamato Confederazione Cobas con la depistante raccolta di firme per l’abrogazione “parziale” (di fatto contrapposta alla richiesta di abrogazione totale) di quella norma illiberale che consegnava a CGIL-CISL-UIL il monopolio della rappresentanza sindacale. Ciò trasformò in un micidiale autogol la pur notevole iniziativa di milioni di lavoratori che, forti all’epoca di quella che passò alle cronache come la “stagione dei bulloni”, seppero porre con forza la rivendicazione delle libertà democratiche nei luoghi di lavoro. L’esito disastroso di questo referendum non solo precluse ogni possibilità di democrazia per i lavoratori stessi ma consegnò la rappresentanza sindacale dei lavoratori nelle mani dei padroni tramite il riconoscimento delle sole organizzazioni sindacali stipulanti i contratti. Ed è proprio su questo “gradito ed essenziale supporto contrattuale e giuridico” che oggi si fonda la svolta autoritaria in Fiat e l’accordo interconfederale del 10 gennaio 2014 sulla rappresentanza che prevede, perpartecipare alle elezioni sindacali, il ‘vincolo di accettazione’ degli accordi vigenti nonché delle clausole antisciopero e delle inerenti sanzioni disciplinari e risarcitorie in caso di inottemperanza. La correlata e paventata controriforma autoritaria delle relazioni sindacali di Renzi, se necessario, confermerà l’accordo.Ma a “sinistra” il “vizietto” ritorna, ed ancora la Confederazione Cobas (quella della “farsa Pomiglianese dei funerali a Marchionne”), il 24 marzo 2014 ha formalizzato a Confindustria e Cgil, Cisl e Uil l’espressa accettazione dell’accordo interconfederale del 10 gennaio 2014 nonché di tutti quelli che l’hanno preceduto.
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